infedeltà e pettegolezzi

 Infedeltà, tradimento e abbandono del tetto coniugale vanno provati

Se la saggezza degli antichi può tuttora valere in contesti paesani, per la Cassazione, invece, infedeltà, tradimento e abbandono del tetto coniugale vanno provati legittimamente.

Vox populi, vox dei” infatti dicevano gli antichi e lo ribadiva Alessandro Manzoni nel suo romanzo “I promessi sposi”, ma a smentirlo ci ha pensato la Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, con l’ordinanza n. 4565/16, depositata il 9 marzo.

E’ stato completamente inutile per la sedicente tradita provare a sostenere l’infedeltà coniugale e che tutto il paese mormorasse “lui l’ha tradita”, la Corte ha escluso l’addebito della separazione al marito accusato di infedeltà e di aver abbandonato il tetto coniugale.

I pettegolezzi, le chiacchiere, le maldicenze, le dicerie… sono ritenute dalla Corte D’Appello elementi troppo fragili e non sufficienti per ritenere l’uomo colpevole di infedeltà, dell’intollerabilità della convivenza, e pertanto della conseguente separazione della coppia. Non bastano quindi i pettegolezzi, o le dichiarazioni testimoniali “de relato” a dimostrare un adulterio.

La donna richiedeva infatti l’addebito della separazione giudiziale al marito, lamentando una depressione come conseguenza della scoperta dell’infedeltà dal marito, che nel frattempo aveva volontariamente abbandonato il tetto coniugale, almeno a suo dire.

A parere della Corte, le accuse mosse, anche in sede penale, nei confronti dell’ormai ex marito, sono risultate essere prive di qualsivoglia riscontro oggettivo e tali da poter essere considerate il frutto di un atteggiamento di frustrazione a sua volta determinata da una forma di grave depressione, associata a disturbi alimentari e all’abuso di bevande alcoliche.

Le dichiarazioni “de relato” rese dalla madre dell’appellante, che aveva saputo da un’amica, che a sua volta lo aveva appreso da una conoscente, che il genero aveva una relazione extraconiugale, non possono essere tenute in considerazione.

Non vi era neppure alcuna prova che l’uomo avesse realmente e volontariamente abbandonato il tetto coniugale.

Persino la documentazione sanitaria prodotta dalla ricorrente dimostrava unicamente che la medesima era affetta da diverse patologie, ma non provava che ragione delle stesse fosse nel comportamento infedele tenuto, pare, dal coniuge.

Medesime le conclusioni cui è giunta la Cassazione, atteso che la ricorrente si è limitata ad asserire che il marito non avrebbe mai smentito le accuse, e che in sede testimoniale era emerso che tutto il paese ne fosse a conoscenza.

La donna, inoltre, pur lamentando la mancata ammissione degli innumerevoli capitoli di prova articolati, non ne illustra la decisività e non chiarisce perché, dalle circostanze in essi dedotte, dovrebbe ricavarsi il convincimento di un comportamento del coniuge tale da aver determinato l’insorgenza delle sue patologie o la prova del tradimento o ancora la prova del volontario ed ingiustificato abbandono del tetto coniugale da parte dello stesso.

Il ricorso viene dichiarato pertanto inammissibile.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 4565 del 2016 evidenzia ancora una volta quanto fondamentale sia la raccolta, prima, e la produzione, dopo, di prove inconfutabili, chiare ed incontrovertibili.

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Di seguito il testo dell’ordinanza:

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1 ordinanza 14 gennaio – 9 marzo 2016 n. 4565
Presidente Ragonesi – Relatore Cristiano

E’ stata depositata la seguente relazione:
1) La Corte d’appello di Palermo, con sentenza del 27.2.013, ha respinto l’appello proposto da T.P. contro il capo della sentenza di primo grado che, pronunciata la sua separazione giudiziale dal marito R.V.C., aveva respinto la domanda di addebito da lei avanzata.
La corte territoriale ha escluso che l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza fra i coniugi fosse stata determinata dal comportamento del marito, rilevando: i) che il procedimento penale promosso a carico di quest’ultimo su denuncia della P. era stato definito con un provvedimento di archiviazione nel quale si affermava che le accuse mossegli erano totalmente prive di riscontri oggettivi e costituivano il frutto di un atteggiamento di frustrazione della denunciante, determinata da una grave forma di depressione, associata a disturbi alimentari e ad abuso di bevande alcoliche, ii) che, quanto al preteso adulterio del V., non poteva tenersi conto delle dichiarazioni de relato della madre dell’appellante, che aveva riferito di aver saputo che il genero tradiva la figlia da un’amica, la quale, a sua volta, le aveva riportato ciò che le era stato riferito da un’altra persona, rimasta sconosciuta; iii) che non v’era alcuna prova che il V. avesse abbandonato il tetto coniugale, atteso che dalle lettere inviate dalla P. al marito, contenenti la richiesta di corresponsione di un assegno di mantenimento, poteva al contrario desumersi la volontà di entrambi i coniugi di vivere separati; iv) che la documentazione sanitaria prodotta dall’appellante provava unicamente che la stessa era affetta da numerose patologie, ma non che queste fossero state cagionate da una condotta del V. violenta, o comunque, contraria ai doveri che scaturiscono dal matrimonio, neppure desumibile dalle circostanze oggetto dei capitoli di prova testimoniale articolati dalla P., inammissibili per la loro genericità. 2) La sentenza è stata impugnata da T.P. con ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, nel quale la ricorrente deduce l’errata ricognizione da parte della corte d’appello del materiale istruttorio acquisito agli atti e lamenta che non siano stati ammessi i capitoli di prova testimoniale articolati. R.V.C. non ha svolto attività difensiva.
3)Il motivo, in cui sono confusamente affastellate allegazioni in fatto e questioni di diritto, non muove alcuna effettiva critica alle ragioni della decisione. La ricorrente si limita infatti da un lato a dedurre, in via meramente assertiva, che il V. non avrebbe mai smentito il tradimento e che in sede testimoniale sarebbe emerso che tutto il paese ne era a conoscenza e, dall’altro, a lamentare la mancata ammissione degli innumerevoli capitoli di prova articolati senza illustrarne la decisività, ovvero senza chiarire perché dalle circostanze in essi dedotti (che attengono in massima parte a comportamenti occasionali del V., anche successivi all’avvenuta separazione di fatto) dovrebbe ricavarsi il convincimento di una condotta del marito tale da aver determinato l’insorgenza delle sue patologie, o la prova del tradimento del coniuge od, ancora, quella del volontario ed ingiustificato abbandono del tetto coniugale da parte dello stesso.
Ad avviso di questa relatrice si dovrebbe pertanto concludere per l’inammissibilità del ricorso, con decisione che potrebbe essere assunta in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.
Il collegio ha esaminato gli atti, ha letto la relazione e ne condivide le conclusioni, non contraddette dalla ricorrente, che non ha depositato memoria. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Non v’è luogo alla liquidazione delle spese in favore dell’intimato, che non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in esso menzionati.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater dPR n. 115/2002, introdotto dall’art. 1, 17° comma, della I. n. 228 del 24.12.2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

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