Quando la registrazione audio può essere considerata una prova?
Molti utenti di ServiziAvvocatiAziende chiedono quando la registrazione di una conversazione, di un dialogo, sia consentita dalla legge e possa essere utilizzata come prova legittima in un eventuale giudizio.
La registrazione di un dialogo è lecita, e può costituire una prova producibile in giudizio, tra i documenti istruttori sia del processo civile che del processo penale, quando viene effettuata da persona che partecipa in maniera attiva al dialogo registrato.
La registrazione non è lecita e non può essere una prova legittima, tanto nel processo penale quanto nel processo civile, quando chi registra il dialogo, la conversazione, il colloquio, non è presente e non partecipa attivamente allo stesso. Tipico è l’esempio di chi, dopo aver attivato un registratore occultato, si assenta con il pretesto di andare un attimo alla toilette, lasciando il registratore acceso con l’intento di raccogliere prove di eventuali infedeltà, coniugali, lavorative o professionali che siano.
In realtà, nel comportamento del privato cittadino che registra conversazioni in cui non partecipa attivamente, si potrebbe ravvisare il reato di violazione della privacy non solo di chiunque abbia partecipato al dialogo, ma anche di chiunque si sia parlato. La legge è da sempre estremamente severa per questi tipi di reati, punibili penalmente, e configurabili anche nell’interferenza illecita nell’altrui vita privata.
Una registrazione effettuata in maniera occulta da chi non partecipa attivamente al dialogo può chiamarsi anche intercettazione, violazione il cui autore è sempre perseguibile penalmente, tranne nei casi in cui a registrare siano le Forze dell’Ordine, esplicitamente autorizzate dalla Magistratura.
Interferenze illecite nella propria vita privata e diffamazione: queste le accuse che un coniuge fedifrago, sorpreso dal coniuge tradito tramite l’utilizzo di un apparecchio di videoregistrazione, può muovergli. La legge, infatti, punisce chiunque si procuri indebitamente notizie o immagini relative alla vita privata altrui, nella sua dimora, mediante l’utilizzo di strumenti di ripresa visiva o sonora. L’acquisizione delle prove di adulterio, con tali modalità, è pertanto illecita.
La legge non consente, inoltre, di rivelare ad altri le informazioni apprese fraudolentemente ed illecitamente. Scoprire un tradimento con tali mezzi e raccontarlo a terzi rende automaticamente passibili di denuncia per diffamazione.
I doveri di solidarietà derivanti dal matrimonio presuppongono, infatti, il diritto alla riservatezza, che vale sempre, anche quando uno dei due coniugi risulta essere fedifrago.
Spiare illecitamente il proprio coniuge, o comunque il proprio partner, può comportare una pena dai sei mesi ai quattro anni. Occorre ricordare, sempre, che mentre l’infedeltà non costituisce reato, l’interferenza illecita nella vita privata sì.
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